Quando Roby entra in Cer, i ragazzi gli corrono incontro, alcuni lo abbracciano e lui, con la sua mole imponente e il sorriso sempre pronto, ricambia con grande affetto, fermandosi a parlare un po’ con tutti.
In questi giorni c’è stato fermento, prima per l’allestimento della mostra, poi per l’inaugurazione; c’era grande attesa, alcuni di noi hanno collaborato direttamente alla preparazione del materiale, infatti alcuni pezzi sono stati creati dai ragazzi che partecipano al laboratorio HarambeHeArt (https://accaparlante.com/lab/).
Sono passate le 19 e in casa c’è movimento, è l’ora delle docce, c’è chi apparecchia la tavola, chi aiuta a preparare la cena, chi gioca a scala quaranta e chi guarda – con poca convinzione – il TG3.
Devo ritagliarmi uno spazio per fare una breve intervista a Roby, che è un nostro educatore con la passione per la Criminologia. A dirla tutta, io neanche sapevo che cosa fosse. Sì, capivo che c’entravano i crimini, quindi tutte quelle robe che si vedono nelle serie tv americane, nei video e nei crime- reality, ma non sapevo niente di più. Invece Roby ci ha spiegato un sacco di cose, soprattutto, ci ha fatto scoprire il valore della sofferenza e l’importanza della sensibilità verso le vittime.
Ci sediamo all’angolo del grande tavolo del salone, dando le spalle alla tv che recita la serale cantilena delle notizie di cronaca – quasi tutte brutte, ma tanto ci siamo abituati! – e accanto a due che giocano a carte.
Sono un po’ nervosa, non ho mai fatto un’intervista, infatti mi inceppo subito, leggendo la prima domanda: “Come ti è venuta l’idea della mostra?”
“L’idea è nata dal desiderio di dar voce alle vittime e di far riflettere sulla brutalità della pena di morte e sulle pratiche di tortura che ancora sono in vigore in ben 56 paesi nel mondo!” risponde facendosi molto serio.
“Ho voluto creare questo percorso per raccontare le storie delle vittime, che non sono solo le persone che subiscono, ma anche le loro famiglie”.
“Ed è stato difficile organizzare tutto?”
“La difficoltà maggiore è stato creare un percorso visivo e scenografico, ma è stato necessario lavorare molto a tutti i livelli, infatti l’evento ha visto la collaborazione del Comune di Casale e del Centro Studi NeroCrime”.
“All’allestimento hanno collaborato alcuni di noi raga della CER, del CEM, del GApp e dell’Over18: come mai hai pensato di coinvolgerli?”
Sorride compiaciuto, come fa ogni volta che si parla dei “suoi” ragazzi, poi riprende: “Ho voluto insieme ai ragazzi, creare un percorso artistico, creativo, riflessivo, ma soprattutto educativo“.
“E com’è stata la nostra collaborazione?”
“La vostra collaborazione è stata fondamentale, seria ma anche divertente. Nel cammino che si costruivano emergevano sempre nuove curiosità. in futuro mi piacerebbe che gli stessi ragazzi e ragazze che hanno collaborato a realizzare questa mostra, potessero spiegare ai visitatori (che sono stati numerosissimi già nel primo weekend, N.d.R.) gli elementi esposti, stimolando alla riflessione”.
“Ma com’è nata la passione per la criminologia?”
Fa un respiro profondo, accenna un sorriso e rivolge lo sguardo in un punto non precisato, come se volesse riavvolgere il filo dei pensieri e sfogliare l’album dei ricordi.
“Per molti anni ho lavorato con i miei ragazzi in carcere ed emergeva spesso analisi dei reati, da lì è nato il desiderio di raccontare aspetti criminologici con oggetti artistici, l’Arte Criminologica, appunto” (https://www.darkveins.com/174084-intervista-roberto-paparella/).
Intanto si sono avvicinate altre ragazze e ragazzi, incuriositi dal nostro dialogo, ma il più curioso è Roby, che con la sua verve mi prende in contro piede: “Adesso te la voglio fare io una domanda!”
A questo non ero preparata, quindi poso la penna sul foglio e lo guardo interdetta. Che vorrà mai chiedermi?
ok, sono pronta!
“Che impatto ha avuto su di te il percorso della mostra?”
Accidenti, che domanda! Anche gli altri mi guardano e aspettano la risposta.
Devo dire che c’è una bella differenza fra il vedere le cose nei film e vedere le stesse cose dal vero, poterle toccare con mano, vederle così reali. Fa riflettere molto, fa pensare a quanto dolore hanno provocato e quanta ingiustizia ci sia stata e ci sia ancora nel mondo!
Per chi si fosse incuriosito, la mostra “Criminis, vittime e carnefici: strumenti di giustizia dall’Inquisizione ad oggi” sarà aperta al pubblico nei weekend, per 18 mesi, darà modo di approfondire tematiche importanti, conoscere e scoprire tante cose e visitare parti del Castello di Casale (https://www.youtube.com/watch?v=2opR55Z-jZY).
Un percorso artistico, culturale, educativo molto articolato e di grande valore.
Ref. Sara G.