Dillo a parole tue: adolescenti che parlano attraverso il corpo

Piero si tira su il cappuccio della felpa e ci sparisce dentro, rallenta il passo per evitare il gruppo di compagni di scuola, qualche gesto rituale, frasi smozzicate, poi si entra al suono della campanella.

“Via il cappello a scuola. E tu, metti giù il cappuccio!” tuona l’insegnante, entrando in classe.

Piero vorrebbe sparire. E non solo a scuola.

Giorno dopo giorno salta gli allenamenti, non esce con gli amici – sì, ma quali amici? – e accumula un sacco di giorni di assenza a scuola. Niente più basket – a undici anni faceva tre allenamenti alla settimana e la partita al sabato, tanti tornei, adesso più nulla! – e niente passeggiate in via Roma, niente feste con amici e compagni, niente oratorio – ci è cresciuto in oratorio, estate ragazzi, gite in montagna, feste, ma non vuole più sentirne parlare! -, ora si rinchiude in camera, c’è solo internet con i social e i videogiochi.

Andare a scuola è una battaglia quotidiana, per chi deve mandarcelo. E i giorni di assenza aumentano. La battaglia sembra persa…

Giulia esce di casa senza fare colazione, non si guarda allo specchio, lo odia quello specchio che le rimanda un’immagine di lei grassa e goffa, brutta.

“Non sei brutta, non sei grassa… Ma che problemi ti fai?” le ripetono tanti con sufficienza, qualcuno con benevolo interesse. Ma lei non ci crede. Ogni vetrina, ogni specchio le rimanda l’immagine di un corpo che non è quello che vorrebbe, non è quello “richiesto”…

Pilucca qualche pezzetto del panino che le hanno dato per pranzo, mangia il prosciutto e butta via il resto. Lascia la mela nello zaino, nel weekend farà pulizia e butterà i resti ammuffiti e marci di quei pranzi abbandonati. A cena è un braccio di ferro: “Devi mangiare qualcosa, non puoi andare avanti così!”

Giulia mangia, certo. Anzi divora, biscotti e cioccolato, oppure hamburger e patatine, poi però si “libera” di ciò che ha trangugiato. Tutto di nascosto, naturalmente. Passa davanti allo specchio e quello, impietoso, le mostra un corpo che non assomiglia a quelli che si vedono in internet.

Primavera inoltrata, tempo di fare il cambio di guardaroba, né Piero, né Giulia vogliono mettere via le loro felpe, comode, larghe, coprenti

Sulle braccia sottili segni di sofferenza, un grido soffocato, nascosto. Eppure sbattuto in faccia, espresso sulla superficie del corpo, un corpo, quello degli adolescenti (e dei bambini), sotto sequestro da anni da parte di adulti presi dal proprio bisogno di sentirsi autorevoli e di autolegittimarsi, di mostrarsi pronti ad ascoltare i bisogni dei giovani, ma incapaci di vederli e sentirli davvero.

Quanti ragazzi, quante ragazze vagano “non visti”, “non pensati”, cercando disperatamente di esistere per qualcuno?

Il sintomo è l’espressione di un malessere, ma è anche il tentativo di risolverlo o alleviarlo. Quello che per l’adulto è il problema, per l’adolescente è la risoluzione del problema: perché non è internet il problema, non sono i social, né l’alcol o il fumo.

Il vuoto. La vergogna. L’assenza di senso e di futuro. Questi sono solo alcuni dei motivi che portano ragazze e ragazzi di oggi a scrivere sul proprio corpo e nelle proprie vite con lamette, alcol, fumo, sostanze varie, sintomi e comportamenti anticonservativi il loro dolore, lo sgomento di non sentirsi pensati.

A guardare bene non c’è più il sintomo, ma una polisitomatologia che racconta tutto il disagio dell’adolescente che deve affrontare una dimensione di fragilità degli adulti senza precedenti.

La fragilità degli adulti – genitori, insegnanti, educatori ecc…- dichiara tutta la difficoltà di identificarsi e sintonizzarsi con le esigenze evolutive di bambini, preadolescenti e adolescenti, i quali sono costretti a crescere in una situazione di dissociazione della società che si configura come estremamente individualista, permanentemente connessa, altamente competitiva e vocata alla performance.

Assistiamo oramai a una deriva inquietante che incoraggia la precoce adultizzazione dell’infanzia e – di rimbalzo – pretende una conseguente infantilizzazione dell’adolescenza: ecco che la pretesa degli adulti di limitare l’uso di devices e social agli adolescenti (cresciuti fino al giorno prima in una piscina di occasioni di socializzazione e di connessione) per applicare modelli educativi restrittivi (quando non punitivi) lontani anni luce da quello che è il funzionamento psichico, affettivo e relazionale dei giovani, diventa una richiesta perversa di crescere facendosi carico delle contraddizioni e fragilità di un mondo adulto che ha ipotecato risorse e futuro dei giovani.

I giovani, gli adolescenti – specie quelli che hanno attraversato esperienze terribili di trascuratezza, abbandono, violenza, che non hanno vissuto la cura di una famiglia accudente, anzi hanno svolto il ruolo di adulti prendendosi carico delle fragilità dei genitori – oggi hanno bisogno di trovare sé stessi, di crescere come persone, non obbedendo a modelli propinati da un mercato che li vede solo come consumatori e consuma e stritola risorse e promesse future.

Hanno bisogno di essere visti, di essere pensati, ma non da qualcuno dietro un profilo fake, hanno bisogno di esistere nella mente di adulti che li vedano, li convochino, li responsabilizzino, rendano loro lo spazio e il tempo per cominciare a sognare, a scrivere il loro futuro. Un futuro possibile.

Carolina Schiavone

Condividi

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su whatsapp
Condividi su linkedin
Condividi su email

Altri articoli

Educare al bello: visita al museo Borgogna

Circa un mese fa, l’IP Lanino (https://www.cavourvercelli.it/indirizzo-di-studio/servizi-socio-sanitari/), la scuola che frequento, ha organizzato una visita al museo Borgogna di Vercelli per farci ammirare delle opere

Festa di Don Bosco 2025

“Uno solo è il mio desiderio, quello di vedervi felici nel tempo e nell’eternità”, scriveva don Bosco in una lettera da Roma del 1884. Don

Natale in casa Harambée

C’è fermento in casa Harambée, il Natale si avvicina e, come accade in tante case, ci si prepara addobbando gli ambienti, facendo il presepe, preparando